LA BENELLATA

"Ho un amico che ha un sacco di Benelli. Dobbiamo andare."
"Ma dove?"
"Non lo so esattamente. Comunque vicino Roma."
"Ma quando?"
"Ora!"
Così parlavamo io e Filippo Ricci.
Non mi ricordo neanche quanti anni fa erano. Ma io stavo all’università da cento anni e Filippo voleva fare il regista. Vivevamo in una casa che era un magazzino sporco. Non avevamo nemmeno capito quale fosse camera mia e quale fosse la sua. E Filippo aveva un amico che aveva una collezione di Benelli. Moto Benelli. Da quelle degli anni 60 fino a quelle dei primi degli ottanta. Motociclette bruttissime, squadrate con i sedili che sembravano assi di legno, con i freni che fischiavano. Il motore con i cilindri in linea. Destinate a un declino silenzioso. Insomma questo Giuseppe Ducrot, amico di Filippo, aveva una collezione di Benelli in un capannone in campagna, vicino Roma. Una collezione di mostri. E quindi una mattina decidemmo di andare a vederle. Io all’università se ci andavo o non ci andavo non cambiava nulla e Filippo tanto aspettava una telefonata… Non mi ricordo neanche cosa aspettasse. Siamo partiti sulla mia Y10. E dopo un ora siamo arrivati finalmente al capannone. E c’erano le moto. Era vero. Era vero che questo Giuseppe Ducrot era un pazzo che collezionava moto bruttissime in un capannone sopra il Tevere, nascosto da rovi e grano. Ma niente mi lasciava immaginare quello che era nascosto dietro una sfilza di moto arrugginite. Una enorme statua di un cardinale. Alta 4 metri. Coperta di buste e contornata da una schiera di piccoli bozzetti in creta. Sono rimasto a bocca aperta.
"E questi chi li ha fatti?" Ho domandato a bocca aperta.
"Io." Ha risposto Giuseppe abbassando la testa, quasi colpevole. Fino a quel momento mi aveva parlato di cilindri e freni a tamburo. Con un tono esaltato.
Non mi dimenticherò mai quel momento. È stata la prima volta che ho capito di aver capito di aver incontrato un artista. Uno che sapeva fare cose che noi, e la maggior parte di voi, non sapevamo fare. È stata una sensazione netta, precisa, che mi ha fatto percepire che la parola artista non è solo un atteggiamento o una roba scolastica, ma un occhio che ti racconta il mondo.
Da quel giorno Giuseppe è stato un amico, ma molto di più. Era un uomo che conosceva la materia e la cambiava avendo nella testa un’idea precisa di come quella roba informe sarebbe diventata nelle sue mani grazia e leggerezza. E rispetto. E poi che rapporto c’è tra le Benelli e il Cardinale Barberini?

N. Ammaniti